Alla confluenza delle attuali Vie S. Simeone, Via Rocco e Via Chiesa sorge la maestosa chiesa parrocchiale. Essa fin dagli anni 1500 fu dedicata al Profeta Simeone.
Nel Vangelo di Luca, al capitolo 2 (vv. 23-33) si legge che viveva in Gerusalemme un uomo giusto e timorato di Dio che aspettava la “consolazione” d’Israele. Quest’uomo ispirato dallo Spirito Santo, andò al Tempio ed ebbe la gioia di ricevere fra le braccia il Bambino Gesù quando venne portato al Tempio per la purificazione della madre e che a Questa profetizzò che una spada (un grande dolore: la morte del figlio) le avrebbe trapassato il cuore.
Questo episodio evangelico viene ricordato nella chiesa parrocchiale ogni anno il 2 Febbraio, la Candelora con una grande e solenne cerimonia liturgica e con una grande partecipazione del popolo. La statua del Santo Profeta viene portata a spalla fuori della chiesa e qui avviene l’incontro con la statua della Madonna che viene portata a spalla per altro percorso e dopo una breve processione, qui, davanti alla chiesa, il Parroco o il Vescovo prende Bambino Gesù dalle braccia della Madonna e lo depone fra le braccia del Santo Veggente, mentre tortore o piccioni vengono lasciati volare (le tortore o i piccioni ricordano l’offerta da farsi dai genitori poveri al Tempio).
La prima cappella con funzione di chiesa per i Camiglianesi sorse ove attualmente trovasi la stanza per accedere al tempietto semicircolare che custodisce la statua del Santo Profeta. Questa cappella risultava già funzionante nel 1577, come può leggersi nel libro dei Battesimi, al tempo del cappellano Don Giovanni Pietro Rotondo e del Vescovo di Calvi, Monsignor Ascanio Marchesino della Marca. Risultata alquanto piccola, si pensò di costruirne un’altra accanto più spaziosa, con una cupola, con l’uscita sul lato Nord, attraverso un’uscita ad arco, ora murata, come può vedersi ancora. Siccome sotto l’altare venne sistemata una statua di Gesù Morto, fu detta: Cappella o Cappellone del “Corpo di Cristo” e la primitiva cappella adiacente fu usata come sagrestia.
La nuova chiesa fu terminata nel 1610 e la sagrestia fu rinnovata nel 1625. All’interno della chiesa venne sistemato un organo che poi nel 1738 fu fatto sistemare all’interno sull’ingresso principale, con un piano di calpestio protetto da un parapetto in muratura e sostenuto da due colonne che ne garantiscono la stabilità.
L’attuale chiesa è alta m 12.75, è lunga m 22.50 ed è larga m 9,50. E’ coperta da tegole, ad oriente ed occidente le mura sono rinforzate da barbacani di tufo. Sul lato Est della chiesa si vede ancora il primitivo campanile, ora sostituito da un nuovo campanile costruito negli anni 1950-55, sul lato Ovest in linea con la facciata d’ingresso della chiesa. Questo nuovo campanile è a base di quadrata con pietre nere di piperno nel primo tratto, il resto con pietre tufacee. L’interno della chiesa è dotato di ben nove altari compreso l’altare maggiore.
Dietro l’altare maggiore troneggia un quadro bellissimo che rappresenta l’episodio evangelico della Presentazione al Tempio del Bambino Gesù ricevuto fra le braccia del Vecchio Simeone. E’ un olio su tela che misura cm 230×240. Ne è autore Antonio Solario, detto lo “Zingaro”, pittore veneziano nato verso la fine del ‘400.
Fino agli anni ’60, sul lato destro e sul lato sinistro dell’altare maggiore si poteva ammirare il “coro” in noce, costruito dall’artigiano di Maddaloni Nicola Gransi (o Grausi o Grauso), formato da sei sedili al lato destro e da sei sedili sul lato sinistro con schienale alto ed intagliato. Vi si accedeva mediante uno scalino in legno facente parte della pedana di calpestio. I 12 sedili venivano occupati dai dodici sacerdoti Collegiali che ogni giorno festivo si recavano in chiesa per recitare le sacre lodi.
La Collegiata fu fondata il 29 Aprile 1769 da Mons. Giuseppe Capece-Zurlo, Vescovo di Calvi, e cono decreto dello stesso Vescovo del 3 Maggio 1769 i dodici sacerdoti facenti parte della Collegiata furono autorizzati a vestire il “mozzetto” color cremisi con cappuccetto dietro al collo quando si riunivano in chiesa per recitare le lodi o partecipavano alle processioni locali.
Negli anni ’60, essendo parroco Don Alessandro Messuri di Camigliano, fu costruita in un appezzamento di terreno di proprietà della chiesa ed adiacente ad essa sul lato Ovest, una “Sala parrocchiale” con ingresso dall’esterno, dal campanile e dalla cappelletta di San Simeone, utilizzata per riunioni e per recite a livello parrocchiale. Attualmente custodisce anche un artistico presepe stabile.
La chiesa è dotata di bellissime statue, alcune di un certo valore artistico. La statua di San Simeone è fatta di legno, al naturale, a mezzo busto con pedana in legno intagliato e dorato. Viene portata in processione il 2 Febbraio, festa della Candelora e nella seconda domenica di Ottobre in occasione della festa patronale.
La Festa Patronale di San Simeone Profeta
Nel mese di ottobre, nella seconda Domenica si festeggiava e si festeggia ancora oggi, il Santo Protettore del Paese: San Simeone Profeta.
L’illuminazione del paese era costituita da lampade ad acetilene e questo fino agli anni 1926-1927 perché solo in quegli anni Camigliano ebbe la fornitura di energia elettrica. Fino all’avvento dell’ENEL la linea elettrica era gestita dalla società SEDAC, Società Elettrica della Campania.
Le due macellerie storiche dei fratelli Di Camillo Antonio e Filippo in quei giorni vendevano la carne di bufala che veniva uccisa come un toro nella corrida. Il giovedì precedente la festa si sbarrava l’attuale via Roma tra via Falchi e via Leporano con dei carretti. Tra i due sbarramenti di carretti veniva immessa una bufala; questa veniva punzecchiata con pungoli di ferro da persone accampate lungo i muri che delimitavano la via. La bufala correndo avanti ed indietro si innervosiva e perdeva sangue per i colpi inferti e stremata, ad un certo punto, si accasciava al suolo. Condotta al macello, la carne divisa fra i due fratelli veniva venduta in occasione della festa.
Specialità culinaria per la festa patronale erano gli “struffoli” co miele, palline di pasta frolla fritte e ricoperte di miele, il “papero” (l’oca) cotto arrosto nel forno con contorno di patate, ed il soffritto (tradizionale zuppa di scarti di maiale come cuore, polmone, trachea e milza) che si consumava al mattino come colazione per quelli della famiglia e per gli ospiti.
Novena di San Simeone
Messa liturgica giornaliera e canti al Santo Patrono, per tutti i nove giorni che precedono la festa.
Antico Inno a S. Simeone Profeta (gli uomini iniziano la prima strofa, poi si alternano con le donne che cantano la seconda, gli uomini la terza, le donne la quarta ecc.)
O bel fior di purità
che ricovri ogni vanto
Sotto l’ombra e sotto il manto
d’ubbidienza e d’umiltà.
Sei Regina e sembri ancella
tra le donne umil ne vai
Nel tuo cor macchia non hai
sembri impura e sei si bella.
Porta al Tempio il tuo bel Figlio
che si aspetta e si sospira.
Il Buon Vecchio che lo mira
cerca uscir da questo esilio.
O beata la sua sorte
Che aspettando tanto visse.
Al suo sen lo strinse e disse
Ah! Mio Dio dammi la morte.
Gli occhi miei non hanno più
altro oggetto si beato.
Poiché videro già nato
il promesso mio Gesù.
E tu donna venturosa
che ci porti un si bel sole.
Languirai nella Tua prole
alla morte dolorosa.
Nuovo Inno a San Simeone (Versi Avv. Formicola; Musica Raffaele Sergio Venticinque)
Muovon al tempio coi pargoli al seno
le madri nazarene, ad esse impone
nel freddo di che lumina sereno
le caste mani il vecchio Simeone.
Profonde Iddio dal Ciel sue grazie appieno
su gli innocenti e le loro madri prone
di verginal candore in sacre bende
a le purificate il sen risplende.
Rit. Nel secol corrotto che ha sete dell’oro
Che insidia alle madri il contesto pudore
Tu Santo Profeta, cui premer sul petto
Dal Padre fu dato il figliuol prediletto
Proteggi il tuo popolo, celeste tesoro
La fede dei padri rifulge, non muor.
Anch’ella al tempio per l’antico rito
Si trae la madre di Gesù Maria:
su le braccia del Veggente al dolce invito
depone il divin Figlio umile e pia.
Di eterna gioia tutto appar fiorito
Il veglio santo al bacio del Messia.
Ansioso intorno ardean le figlie d’Eva
Finchè il supremo canto a Dio si leva.
Rit.
Signore, ed or, secondo il tuo volere,
fa che il Tuo servo se ne vada in pace,
poiché tu concedesti di vedere
agli occhi miei di salvazion la face
dei popoli al cospetto in tutte l’ere,
il mondo a illuminar lume verace
da Te mandato a gloria d’Israele,
vada Signore, in pace il Tuo fedele.
Rit.